PROMOZIONE DEL BENESSERE ATTRAVERSO LABORATORI COGNITIVI – ESPERIENZIALI

Il cuore allegro è un’ottima medicina e uno spirito abbattuto essicca le ossa” Salomone

L’Associazione il Pellicano si occupa da più di 10 anni della cura di persone con disturbi del comportamento alimentare e del peso, quali anoressia, bulimia, disturbi da alimentazione incontrollata, obesità ecc. Questa tipologia di disturbi è attualmente oggetto di attenta analisi, in quanto colpisce sempre più non solo fasce infantili e adolescenziali della popolazione mondiale, ma anche soggetti adulti e come spesso avviene, il punto di origine del disagio si trova in mezzo ad una miriade di fattori.

Nel nostro tempo si avverte un disordine profondo e siamo tutti continuamente esposti all’influenza d’immagini che ci propongono stili di vita e modelli esasperanti, in cui l’idea dominante è l’essere perfetti, sotto ogni punto di vista.

Si parla di asfisia spirituale, di desertitudine dell’anima per sottolineare la mancanza di orizzonti cui attingere per dare senso all’esistenza. Manca una visione sufficientemente messa a fuoco della misura dell’esistere, quella misura che ciascuno di noi va cercando e per la quale si intende un principio d’ordine che ci fa distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è, ed i percorsi che condensano valori e danno senso alla nostra presenza, da quelli che non mostrano alcuna forza simbolica.

Il messaggio implicito è che il valore della persona dipende strettamente dalle forme del proprio corpo e da ciò che possiede. Tutto ciò rappresenta un terreno fertile nel quale possono facilmente proliferare pensieri distorti sul corpo, su se stessi e il proprio valore e comportamenti alimentari disfunzionali.

Inoltre le persone che sviluppano questi disturbi, vivono spesso un fallimento nei rapporti familiari e interpersonali, caratterizzati da incomunicabilità e comportamenti ossessivi e ansiogeni.

Questo quadro, da un lato ci suggerisce la necessità di interventi preventivi e dall’altro rende molto evidente il bisogno di favorire le condizioni di accesso di queste pazienti in età sempre più precoce  quando il disturbo è ancora all’esordio.

Nei disturbi alimentari molto spesso si dimentica che il corpo ha diritto di vita, vivere inteso come esistenza, ed è questo esistere che in queste particolari patologie, come anche in altre, viene meno.

Il corpo non è un oggetto del mondo, ma è ciò che dischiude un mondo intero, non è solo un organo come la biologia descrive, ma un insieme di innumerevoli emozioni, significati e presenze. Quando esso rimane paralizzato dallo sguardo dell’altro, quando viene incoraggiato da uno gesto, quando è piegato dal dolore, non è solo il corpo, ma è l’io stesso che si esprime. Perché  esso acquisti significato è necessario che sia presenza del e nel mondo, per questo si rendono necessarie le esperienze. Crediamo che nel momento in cui questo esistere diventa sofferente e patologico, si ha bisogno di nuove esperienze per poter dare al proprio stare al mondo, un nuovo significato, positivo e costruttivo.

Nella malattia, nel dolore di questi disturbi, si è portati a pensare erroneamente che il corpo è il mondo, e non una parte di esso.

Molto spesso, in questi disturbi che coinvolgono la corporeità, è come se non si volesse assumere una presenza nel mondo, così si rifiuta di assumere il proprio corpo, perciò non lo si alimenta per niente (o troppo) o non correttamente e a poco a poco lo si vuole distruggere. Rifiutando questa presenza non resta altro modo di vivere che quello del progressivo assentarsi.

Molto spesso quindi si può dire che questo non nutrire il corpo significa che non vi è interesse ad alimentare la propria presenza nella realtà, per cui il corpo diventa il teatro dove si vive ciò che non si può vivere sul teatro del mondo.

Molto spesso alla base di queste patologie c’è un conflitto con sè e ciò che si trova al di fuori di noi, con le esperienze che si trova a fronteggiare.

Le emozioni che irrompono improvvise nella nostra esistenza, dimostrano che l’armonia con il mondo non è mai salda e definitiva, che l’inatteso, l’inquietudine sono sempre in agguato pronti a sconvolgere la presenza.

E’ chiaro come in queste patologie, il corpo s’incarna di un messaggio che con la parola non si è in grado di esprimere, un messaggio che esprime un forte disagio interno espresso attraverso un insieme di sintomi che possono essere ascoltati e “riconosciuti”(Alessitemia).

A partire da queste considerazioni, l’Associazione Il Pellicano intende accrescere la possibilità di comprensione e cambiamento con lo scopo principale di perseguire e favorire con la nostra attività, lo sviluppo di consapevolezza dei sentimenti, degli stati d’animo, degli atteggiamenti e dei comportamenti inerenti i vissuti alimentari, corporei e non solo, incrementando ciò che già svolgiamo.

Il Training di Familiarizzazione con il Cibo che si svolge nella cucina didattica, è una delle attività centrali presso il nostro centro e ha un ruolo primario nei programmi di riabilitazione. L’ambiente accogliente, l’aiuto di altre pazienti oltre agli operatori, riduce la resistenza dei pazienti alla terapia e favorisce uno degli obiettivi più importanti da noi perseguito che è quello della convivialità,  della integrazione sociale e familiare.

I risultati ottenuti fin’ora sono stati: un miglioramento della sintomatologia compensatoria (vomito autoindotto, iperattività fisica ecc.), la stabilizzazione del peso corporeo e, conseguentemente, un netto miglioramento della loro qualità di vita, evidenziando quindi che il TFC è un trattamento di eccellenza per la remissione dei sintomi e del quadro clinico correlato ai disordini alimentari.

Insieme al TFC, i nostri laboratori passano attraverso una progressiva modificazione del contesto, ad esempio costruendo climi particolari nei quali la reazione emozionale standard non scatti in modo automatico e la persona abbia la possibilità di sperimentare una risposta alternativa, più funzionale.

Correnti di pensiero come il costruttivismo epistemologico e il costruttivismo ermeneutico condividono l’ipotesi che la conoscenza del mondo, non è prodotta solo cognitivamente dall’individuo, cioè come se ogni soggetto fosse slegato dal mondo che lo circonda, non esiste quindi una realtà unica ed un solo modo per vivere le cose,  ma è socialmente generata all’interno di un contesto, è interpersonale, è il frutto di innumerevoli relazioni ed esperienze.

Quindi ciò che ha un ruolo fondamentale nella costruzione della personalità di ogni individuo, è l’esperienza.

Proprio per la grande importanza che noi diamo a questo “fare esperienza”  intendiamo continuare, ampliare e innovare i laboratori esperienziali, già attivi nella nostra associazione.

Riteniamo, in accordo con grandi esponenti del costruttivismo, che la mente individuale e lo stesso essere umano non siano affatto un semplice elaboratore di informazione, ma un vero e proprio generatore di significato che produce collettivamente descrizioni, significati ed esperienze profonde.

L’agire terapeutico trova la sua ragione d’essere quando si propone come offerta di esperienze, potenzialmente capaci di sostenere il desiderio e la fatica di esistere, particolarmente gravosi quando sono presenti sindromi cliniche come ad esempio di disordini alimentari.

In questo caso anche l’ambiente stesso che propone la nostra associazione, non rigido e algido nel suo presentarsi, ci sembra che possa essere in grado di far nascere climi emozionali, testi di pensiero, zone d’azione che possano rivelarsi di grande aiuto alle persone che a noi si rivolgono e ai loro familiari.

Questi laboratori, ci sembra che possano essere qualificati come laboratori del “pensare”, luoghi dove si cerca di coltivare la vita della mente e grazie al finanziamento che chiediamo è nostra intenzione incrementare queste attività, al fine di poter offrire un servizio sempre più adeguato ad un maggior numero di persone.

Il cambiamento terapeutico consiste nella creazione dialogica di nuove narrazioni, nuovi discorsi, nuove capacità d’azione, di formulare nuove visioni del mondo e nuovi modi di vivere le esperienze.

La scelta ontologica di questi orientamenti comporta evidentemente un allontanamento della psicologia da una scientificità di tipo naturalistico.

LABORATORIO “DALLE PAROLE AI manuFATTI”

(dalla parola al racconto, al testo teatrale, la sceneggiatura)

Il presente é un laboratorio che, con il meccanismo del gioco collettivo, si innesta, senza sovrapporsi, a quelli già attivi al Pellicano e che, partendo dal corpo e dalla gestualità, consente di individuare un ulteriore arricchimento nella parola.

Vogliamo però usare una parola che non serva solo a farci mettere in relazione con gli altri, ma una parola creativa che potrà essere altresì utilizzata per progettare realtà anche distanti e diverse (racconto, novella, fiaba) che poi trovano uno snodo determinante nella costruzione di una pièce teatrale (in cui cimentarsi nella scrittura dei dialoghi) e nella successiva realizzazione di una sceneggiatura (per un filmato, o un fumetto, un fotoromanzo, ecc…).

In concreto, si partirà dal laboratorio di Danza Terapia nel quale, per gioco, verrà inserito un nuovo elemento: la macchina fotografica.

I partecipanti che accetteranno verranno fotografati in gruppo o singolarmente in atteggiamenti, situazioni via  suggerite o nate spontaneamente. Questa prima fase sarà protratta per il periodo necessario e senza forzare i tempi, fino alla raccolta di un consistente numero di foto che possano costituire il materiale su cui i partecipanti lavoreranno scegliendo le foto, disponendo le istantanee in sequenza fino a costruirne una sintesi che abbia un filo logico, nella più ampia libertà espressiva.

In seguito verrà suggerito di dare alle immagini delle parole: una didascalia, una battuta, un dialogo…

Giocando si può così giungere alla elaborazione di un prodotto che usa lo strumento del fotoromanzo.

Da questo elemento centrale si lavorerà nell’approfondimento, sempre più nel dettaglio, si sceglierà il carattere dei personaggi, i tempi, i luoghi fino ad avere una descrizione particolareggiata della storia e dividendola in parti e scene (trattamento) predisponendo il materiale per un ‘ulteriore elaborazione.

Si passerà poi alla creazione di dialoghi compiuti idonei al contesto. Ottima metodologia è il costruirli assieme, restringendo l’azione allo spazio delimitato ed ai tempi tipici del Teatro. Da questa sostanziale esperienza si potranno ulteriormente svelare le infinite possibilità e la ricchezza espressiva della parola, quanto essa sia indispensabile non solo per interagire, ma anche per influire su noi stessi conquistando tante di quelle potenziali capacità mai usate.

All’interno dello stesso progetto, si svilupperà un percorso parallelo di visione guidata di film (Film Lab), dove le pazienti saranno non solo a diretto contatto con tutte le caratteristiche tecniche e narrative cinematografiche ma anche con gli innumerevoli significati che ogni film scelto appositamente per loro, racchiude in se.

I film saranno scelti in base ai vissuti e alle tematiche che emergeranno durante la composizione e lo sviluppo della storia.

I gruppi saranno costituiti da 7-10 pazienti e successivamente alla visione, ci sarà una discussione sui temi centrali del film che ha come obiettivo l’esplorazione dei vissuti personali. Così facendo si vuole ricreare uno spazio di riflessione in cui non solo ci si può rilassare ed evadere dalla realtà ma si possono anche trarre spunti ed elementi che ci aiutino a comprendere meglio la vita, ad acquistare consapevolezza dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni.

Ultimata questa fase sarà opportuno togliere ogni vincolo dato dal contesto teatrale ed aprirsi a tutte le possibilità che possono dare altri mezzi di comunicazione, una libertà per cui ora si hanno le competenze per sapersi orientare.

Terminata la stesura della sceneggiatura in cui occorre anche prevedere, se necessari, scene, costumi, colonna sonora, ecc., potremo veramente affermare di aver smontato il giocattolo con cui abbiamo scelto di divertirci, di aver compreso qualcosa in più sul suo funzionamento e come certe realizzazioni un po’ più complesse siano possibili solo attraverso il lavoro collettivo di più capacità.

A compimento del percorso potrà avvenire la realizzazione di ciò che abbiamo fissato nella nostra sceneggiatura, realizzando le scene descritte, montando infine il tutto con l’inserimento della colonna sonora, mettendo infine sulla pellicola le emozioni e i vissuti che chi ha partecipato ai laboratori, ci ha permesso di scoprire e comprendere più approfonditamente.

Bibliografia

www.psichiatriadicomunità.it

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